The Pursuit of Musick
13 MUSICAL DRAMA
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Winchester Cathedral, c975: Ethelwold, Concordia regularis (c975), trans. E. K. Chambers, in W. L. Smoldon, ‘The Easter Sepulchre Music Drama’, Music & Letters, 27 (1946), 5–6
BEFORE OPERA
Padua Cathedral, 13th c: J. Stevens, Words and Music in the Middle Ages, 308–9; K.Young, The Drama of the Medieval Church (1933), ii, 248–50
Marienklage, <1476: G. Kühl, ‘Die Bordesholmer Marienklage’, Jahrbuch des Vereins für niederdeutsche Sprachforschung, xxiv (1898), 40
‘Incipit planctus devotissimus beatissime Marie virginis cum misericordissima et devotissima nota. ¶Planctum istum facit beata virgo Maria cum quattuor personis devotis devotissime bona sexta feria ante prandium in ecclesia ante chorum in loco aliquantum elevato vel extra ecclesiam, si bona est aura. Planctus iste non est ludus nec ludibrium, sed est planctus et fletus et pia compassio Marie virginis gloriose. Et quandocunque fit a bonis et devotis hominibus{, in genere sive in specie} valde provocat homines circumstantes ad pium fletum et ad compassionem. ... Iste planctus fit commodose in duabus horis et media. Et omnia, que tunc fiunt ab illis quinque personis, non debent fieri cum festinacione nec nimia mora, sed medio et bono modo. Ille, qui est Jhesus, est devotus sacerdos. Maria iuvenis. Johannes ewangelista sacerdos. Maria Magdalena et mater Johannis ewangelista iuvenes.’
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Reggio Emilia, 1568: N. Pirrotta, Li dui Orfei (1969), 251
‘Il choro era di donne di Londra, delle quali una, secondo l’ordinario, ragionava alternatamente con l’altre persone della Tragedia quando occorreva, et a i riposi della favola, cantava poi, o pure recitava quelle canzoni, che volgarmente sono chori chiamate. Queste furono ben considerate da musici eccellentissimi, i quali, penetrato nell’interno de’ loro concetti, vi composero sopra i canti ch’imitavano così felicemente le parole, che si potevano quasi più tosto dimandar ragionamenti che canti. Perch’essendo di musica cromatica et con pochissime alterationi, se n’andavano a un corso consueto nel parlare ordinario senza mai replicare cosa alcuna. Nelle orazioni, nelle suppliche agli dei, nelle essagerationi, nelle querele, nelle interrogationi, nel pianto e ne’ sospiri, esprimevano gli affetti dell’animo come se fuori d’ogni fittione fossero venuti da’ veri sentimenti del cuore.’
Venice, 1574: Cornelio Frangipani, afterword to 2nd edn of his Tragedia; A. MacNeil, Music and Women of the Commedia dell’Arte in the Late Sixteenth Century (2003), 268, doc.4
‘Questa mia Tragedia fu recitata con quella maniera, che si ha piu ridotto alla forma de gli antichi: tutti li recitanti hanno cantato in soauissimi concenti, quando soli, quando accompagnati; & in fin il coro di Mercurio era di sonatori, che haueano quanti uarij istrumenti che si sonarono giamai.’
Florence, 1580s: Pietro de’ Bardi to G. B. Doni (16 Dec. 1634); Commentariorum de vita et scriptis J. B. Doni, ed. A. M. Bandini (Florence 1755), 117ff; A. Solerti, Le origini del melodramma (Turin, 1903), 145
‘Era ancora in Firenze allora Iacopo Peri, il quale ... tra i Cantori di questa Città era senza fallo tenuto a nessuno inferiore. Costui a competenza di Giulio [Caccini] scoperse l’impresa dello stile rappresentativo, e sfuggendo una certa rozzezza, e troppa antichità, che si sentiva nelle Musiche del [Vincenzo] Galileo, addolcì insieme con Giulio questo stile, e lo resero atto a muovere raramente gli afffetti, come in progreßo di tempo venne fatto all’ uno, e all’ altro.’
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Il pastor fido i) 1584: I. Fenlon, Music and Patronage in Sixteenth-Century Mantua (1980), i, 200 (App.II, doc.78) ii) 1591: ibid., 199 (App.II, doc.76)
i) ‘la mia Tragicomedia Pastorale ... tutta piena di novità et di grandissimi movimenti, i quali vogliono essere concertati, et con lungo studio provati e riprovati in scena, et massimamente un giuoco, che va nel terzo atto ridotto in forma di ballo, fatto da un choro di Ninfe, et questo è ancora nelle mani di Leone nè la musica è fatta, et tanto men le parole’.
ii) ‘Il Balletto della Cieca ci da che fare, perchè di quelli che lo provarono già, come intendo, alla presenza di V.A., alcuni mancano, alcuni sono infermi, et alcuni si sono resi per un pezzo cosi ostinati in non volervi intervenire, che dopo l’assenza d’Isachino di parecchi giorni, è convenuto tornar da capo, et la difficoltà s’è ritrovata maggiore, nell’interdurlo con garbo nella Tragicomedia, in quattro parti oltre l’uscita et tutte varie, si come sono quattro i madrigali che si dovrebbono cantare con inserirvi dentro i ragionamenti di Amarillide, di Mirtillo et di Corisca’.
Florence, 1589: [Bastiano de’ Rossi] Descrizione dellapparato e degl’intermedi (Florence, 1589), 44
‘Essendo à noi, dalla malvagità, e dalla lunghezza del tempo, tolto il poter così fatte cose rappresentar con que’ modi musici antichi, e stimando il poeta, che tal battaglia, rappresentata in iscena, dovesse arrecare, si come fece, sommo diletto agli spettatori, la ci rappresentò con la nostra moderna musica, a tutto suo potere, sforzandosi, come intendentissimo di quest’arte, e d’imitare, e di rassomigliar quell’antica’.
Angelo Ingegneri, 1598: Della poesia rappresentativa (Ferrara, 1598), 79, 84
‘Vengo alla Musica ... la quale nelle Comedie, & nelle Pastorali, che non hauranno chori, sarà ad arbitrio altrui, per servire per intermedi, ouero accompagnarli in modo, ch’essi riescano piu diletteuoli.’ • ‘i Chori delle Tragedie debbano constare di voci humane solamente, ma ben rare, & elette; procurandosi, che il canto sia formato da musico perfettissimo, il quale lo faccia placido, graue, flebile, & inuguale; Et intendo di quella inugualità, che di sua natura induce tristezza, & s’accommoda alla grandezza della calamità. Et sopratutto, che le parole sieno così chiaramente esplicate, ch’il Theatro le intenda tutte, senza perderne vna minima sillaba’.
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NEW DIRECTIONS
Italy
The first opera, 1598: Marco da Gagliano, La Dafne (Florence, 1608/R1970), preface; A. Solerti, Le origini del melodramma (Turin, 1903), 80, 82
‘Dopo l’havere più e più volte discorso intorno alla maniera usata da gli antichi in rappresentare le lor Tragedie, come introducevano i cori, se usavano il canto, e di che sorte, e cose simili, il Sig. Ottavio Rinuccini si diede a compor la favola di Dafne, il Sig. Iacopo Corsi ... compose alcune arie sopra parte di essa, delle quali invaghitosi risoluto di vedere, che effecto facessero su la scena, conferi insieme col Sig. Ottavio il suo pensiero al Sig. Iacopo Peri, peritissimo nel contrappunto, e cantore d’estrema esquisitezza, il quale udito la loro intentione, e approvato parte dell’arie già composte, si diede a comporre l’altre ...’ • ‘Tale è l’origine delle rappresentazioni in musica spettacolo veramente da Principi, e oltre ad ogn’altro piacevolissimo, come quello nel quale s’unisce ogni più nobil diletto, come invenzione, e disposizione di favola, sentenza stile, dolcezza di rima, arte di musica, concerti di voci e di strumenti, esquisitezza di canto, leggiadria di ballo, e di gesti, e puossi anche dire, che non poca parte v’abbia la pittura per la prospettiva e per gl’abiti: di maniera, che con l’intelletto, vien lusingato in uno stesso tempo ogni sentimento più nobile dalle più dilettevoli arti ch’abbia ritrovato l’ingegno umano.’
Jacopo Peri, 1600: Euridice (Florence, 1600), preface
‘{Onde} veduto, che si trattava di poesia Dramatica, e che però si doveva imitar col canto chi parla (e senza dubbio non si parlò mai cantando) stimai, che gli antichi Greci, e Romani (iquali secondo l’openione di molti cantavano su le Scene le Tragedie intere) usassero un’armonia, che avanzando quella del parlare ordinario, scendesse tanto dalla melodia del cantare, che pigliaße forma di cosa mezzana’.
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Cavalieri, 1600: Emilio de’ Cavalieri, Rappresentatione di Anima, et di Corpo (Rome, 1600), preface by Alessandro Guidotti
‘Volendo rappresentare in palco la presente opera, ouero altre simili, e seguire gli auuertimenti del Signor’Emilio del Caualiere, e far si, che questa sorte di Musica da lui rinouata commoua a diuersi affetti, come à pietà, & à giubilo; à pianto, & à riso, & ad altri simili, come s’è con effetto veduto in vna scena moderna della Disperatione di Fileno, da lui composta: nella quale recitando la Signora Vittoria Archilei, la cui eccellenza nella Musica à tutti è notissima, mosse marauigliosamente à lagrime, in quel mentre, che la persona di Fileno mouea à riso: volendola dico rappresentare, par necessario, che ogni cosa debba essere in eccellenza, che il cantante habbia bella voce, bene intuonata, e che la porti salda, che canti con affetto, piano, e forte, senza passaggi, & in particolare, che esprima bene le parole, che siano intese, & le accompagni con gesti, & motiui non solamente di mani, ma di passi ancora, che sono aiuti molto efficaci à muouere l’affetto. Gli stromenti siano ben sonati, e più, e meno in numero secondo il luogo, ò sia Teatro, ouero Sala, quale per essere proportionata à questa recitatione in Musica, non doueria esser capace al più, che di mille persone, le quali stessero à sedere commodamente, per maggior silentio, e sodisfattione loro: che rappresentandosi in Sale molto grandi, non è possibile far sentire à tutti la parola, onda sarebbe necessitato il Cantante à forzar la voce, per la qual causa l’affetto scema; e la tanta Musica, mancando all’vdito la parola, viene noiosa.’
Cristoforo Ivanovich, 1681: Minerva al tavolino ... [&] Le memorie teatrali di Venezia (Venice, 1681), 408
‘... doue al presente il genio è fatto così incontentabile, ch’è di necessità il perder in luogo di auanzare; e per lo più sopra tutti gli vtili, che si cauano, si rimette considerabilmente per pagamenti eccedenti de’ Musici. Dal principio bastauano due voci isquisite, poco numero d’arie per dilettare, poche mutazioni di Scena per appagare la curiosità; ora più si osserua vna voce, che non corrisponda, che molte delle migliori c’abbia l’Europa. Si vorrebbe, ch’ogni Scena del Drama caminasse con la mutazione, e che l’inuenzioni delle Machine si andassero a ritrouare fuori del Mondo.’
France
Pierre Perrin, 1659: to the Archbishop of Turin (30 Apr. 1659); ‘Lettre écrite à Monseigneur l’Archevesque de Turin, après la représentation de la Comedie suivante’, Les oeuvres de poésie de Mr. Perrin (Paris, 1661), 278–9
‘Ie n’ay pas desesperé comme les autres{, qu’on n’en pût faire de tres-galantes en nostre langue, & de fort bien receuës en éuitant les deffauts des Italiennes, & y} ajoûtant toutes les beautez, dont est capable cette espece de representation, laquelle auec tous les auantages de la Comedie recitée, a sur elle celuy d’exprimer les passions d’vne maniere plus touchante, par les fléchissements, les éleuations, & les cheutes de la voix. Celuy de faire redire agreablement les mesmes choses, & les imprimer plus viuement dans l’imagination & dans la memoire: celuy de faire dire à plusieurs personnes les mesmes choses, & exprimer les mesmes sentimens en mesme temps; & representer par des concerts de voix, des concerts d’esprits, de passions, & de pensées, quelquefois mesme en disant les mesmes choses en differents accents, exprimer en mesme temps des sentimens diuers & d’autres beautez iusqu’icy peu connuës{, mais excellentes, & d’vn succés admirable}.’
Philippe Quinault: Louis de Cahusac, La Danse ancienne et moderne (The Hague, 1754), iii, 64-5
‘Quinault connoissoit la marche de l’Opéra Italien, la simplicité noble, énergique, touchante de la Tragédie ancienne, la vérité, la vigueur, le sublime de la moderne. D’un coup d’œil il vit, il embrassa, il décomposa ces trois genres, pour en former un nouveau qui, sans leur ressembler, pût en réunir toutes les beautés. C’est sous ce premier aspect que s’offrit à son esprit un Spectacle François de Chant & de Danse. ¶D’abord le merveilleux fut la pierre fondamentale de l’édifice, & la Fable, ou l’imagination lui fournirent les seuls matériaux qu’il crut devoir employer pour le bâtir. Il en écarta l’Histoire qui avoir déja son Théâtre, & qui comporte une vérité, trop connue, des personnages trop graves, des actions trop ressemblantes à la vie commune, pour que, dans nos mœurs reçues, le Chant, la Musique & la Danse ne forment pas une disparate ridicule avec elles.’
Barthold Feind, 1708: Gedancken von der Opera, Deutsche Gedichte ... sammt ... Gedancken von der Opera (Stade, 1708), 84
‘Die Frantzosen aber [halten sich] mit fast lauter Ovidianischen Fabeln [auf]/ und von selbst/ zur Ehre ihres grossen Ludwigs/ inventirten Sachen/ bey welchen letztern sie insgemein mehr auf die Individua der tantzenden Personen/ zumahl wenn es fürnehme Herrn/ und derselben Qualité reflectiren/ als auf die Materie und Caracter dessen/ so die Acteursvorstellen sollen: Nicht zu gedencken der unerhörten Schmeicheleyen und Allegorien, zumahl/ wenn sie von dem Thaten ihres Monarchen prahlen/ ... noch besser aber alle ihre Ballets, Prologuen, Panegyrici &c. als die deutlichste und unümstößlichste Exempel.’
Jean d’Alembert, 1759: ‘De la Liberté de la musique’; Oeuvres de D’Alembert (Paris, 1821), i, 544
‘Il faut même avouer qu’en général on ne sent toute l’expression de la musique, que lorsqu’elle est liée à des paroles où à des danses. La musique est une langue sans voyelles; c’est à l’action à les y mettre. Il serait donc à souhaiter qu’il n’y eût dans nos opéras que des symphonies expressives, c’est-à-dire dont le sens et l’esprit fussent toujours indiqués en détail, ou par la scène, ou par l’action, ou par le spectacle; que les airs de danse toujours liés au sujet, toujours caracterisés, et par conséquent toujours pantomimes, fussent dessinés par le musicien, de manière qu’il fût en état d’en donner pour ainsi dire la traduction d’un bout à l’autre, et que la danse fût exactement conforme à cette traduction.’
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Jean-Georges Noverre, 1760: Lettres sur la danse et sur les ballets (Lyon & Stuttgart, 1760), Lettre VIII, 130
‘{Je dirai simplement que} la Danse dans ce Spectacle devroit être placée dans un jour plus avantageux; j’avancerai même que l’Opéra est son élément, que c’est là que l’Art devroit prendre de nouvelles forces, & paroître avec le plus d’avantage; mais par un malheur qui naît de l’entêtement des Poëtes ou de leur maladresse, la Danse à ce Spectacle ne tient à rien & ne dit rien; elle est dans mille circonstances si peu analogue au sujet, & si indépendante du Drame, que l’on pourroit la supprimer sans affoiblir l’intérêt, sans interrompre la marche des Scenes, & sans en refroidir l’action. La plupart des Poëtes modernes se servent des Ballets, comme d’un ornement de fantaisie qui ne peut ni soutenir l’ouvrage ni lui prêter de la valeur; ils regardent, pour ainsi dire, les divertissements qui terminent les Actes, comme autant de panneaux agréablement dessinés & artistement peints qu’ils emploient indifféremment pour la division de leur Tableau: quelle erreur! ou pour trancher le mot, quelle ignorance!’
Charles Batteux, 1746: Les beaux arts (Paris, 2/1773), 352 (Pt 3, sect.3, ch.3)
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RECITATIVE
Beginnings
Jacopo Peri, 1600: Euridice (Florence, 1600), preface
‘Conobbi {parimente} nel nostro parlare alcune voci, intonarsi in guisa, che vi si puo fondare armonia, e nel corso della fauella passarsi per altre molte, che non s’intuonano, finchè si ritorni ad altra capace di mouimento di nuoua consonanza; & hauuto riguardo a que’ modi, & a quegli accenti, che nel dolerci, nel rallegrarci, & in somiglianti cose ci seruono, feci muouere il Baßo al tempo di quegli, hor piu, hor meno, secondo gli affetti, e lo tenni fermo tra le false, e tra le buone proporzioni, finchè scorrendo per varie note la voce di chi ragiona, arriuaße a quello, che nel parlare ordinario intonandosi, apre la via a nuouo concento; E questo non solo, perchè il corso del ragionare non ferisse l’orecchio (quasi intoppando negli incontri delle ripercosse corde, dalle consonanze piu speße,) ò non pareße in vn certo modo ballare al moto del Baßo, e principalmente nelle cose, ò meste, ò graui, richiedendo per natura l’altre piu liete, piu spessi mouimenti: Ma ancora, perchè l’vso delle false, ò scemasse, ò ricoprisse quel vantaggio, che ci s’aggiugne dalla neceßità dell’intonare ogni nota, di che per cio fare poteuan forse hauer manco bisogno l’antiche Musiche. E però, (sì come io non ardirei affermare questo essere il canto nelle Greche, e nelle Romane fauole vsato), così ho creduto esser quello, che solo possa donarcisi dalla nostra Musica, per accomodarsi alla nostra fauella.’
Giulio Caccini, 1600: Euridice (Florence, 1600), dedication
‘Reggesi adunque l’armonia delle parti, che recitano nella presente Euridice sopra vn basso continouato, nel quale ho io segnato le quarte, seste, e settime; terze maggiori, e minori più neceßarie rimettendo nel rimanente lo adattare le parti di mezzo à lor luoghi nel giudizio, e nell’arte di chi suona, hauendo legato alcune volte le corde del basso, affine che nel trapaßare delle molte dißonanze, ch’entro vi sono, non si ripercuota la corda, e l’vdito ne venga offeso; Nella qual maniera di canto, ho io vsata vna certa sprezzatura, che io ho stimato, che habbia del nobile, parendomi con essa di essermi appressato quel più alla natural fauella’.
Carro di fideltà d’amore, 1606: Pietro Della Valle, Della musica dell’età nostra (1640); G. B. Doni, Lyra Barberina amphichordos: accedunt eiusdem opera, ed. A. F. Gori & G. B. Passeri (Florence, 1763), ii, 252
‘{e} la musica di quel canto, come si può vedere ne’ volumi che ne vanno attorno stampati, ancorchè fosse la maggior parte in modo di rappresentare, non era tuttavia di quello stile recitativo semplice e troppo triviale che usano alcuni, e che suol presto venire in fastidio agli uditori; ma ornata e piena di leggiadrie con vaghezza, nondimeno che da sollevato e manieroso modo di rappresentare punto non si allontanava: onde piacque estremamente{, e bene si vide, per lo concorso di quasi tutta la città, che si tirava dietro}’.
‘a kind of improv’d Elocution’
Barthold Feind, 1708: i) Barthold Feind, ‘Gedancken von der Opera’, in Deutsche Gedichte ... sammt ... Gedancken von der Opera (Stade, 1708), 78 ii) ibid., 99
i) ‘Das Recitatif, von allerhand Sorten/ so in den Opern abgesungen wird/ ist von den ordinairen Melodien der Arien, Lieder und Gesänge sehr weit abgesondert. Wenn etwas gefraget/ erzehlet/ anbefohlen oder abgelesen wird/ so hat ein jedes in der Music seine eigene Regel/ Thon und Harmonie. Ein Semicolon, Punctum, Signum interrogandi, Exclamationis, Colonund Comma hat seine Gesetze und Cadence, die/ wie Feuer und Wasser/ differiren/ und wenn ein Acteur einen Brief singend abließt in einer/ von einem exquisiten Musico verfertigen/ Opera, wie von Reinhard Keysern/ so wird man fast ein tertium quid unter Singen und Sprechen bemercken/ welches man vom gantzen Recitatif sagen muß’.
ii) ‘Im Recitatifnun kan man allerhandgenerumsich bedienen/ dieRythmos, weiter/ als in den Arien, trennen/ auch wol gar/ wennes sich so bald nicht fügen will/ weglassen/ in welcher Freyheit die Italiäner ausschweiffen/ derenRecitatifoft kaum halb gereimet wird. KeineNationvon der Welt aber ist hierinnenaccurater, glücklicher und geschickter/ als die Frantzosen/ auf welche Art sie dasjenige in ihren Schau=Spielen ersetzen/ was ihnen anArienabgeht.’
John Hughes, 1710: Johann Christoph Pepusch, Six English Cantatas (London, [1710]), ‘To the Lovers of Musick’, 2
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Pier Jacopo Martello, 1715: Della tragedia antica e moderna (Rome, 1715/R1978); Scritti critici e satirici, ed. H. S. Noce (1963), 285 {original>} 179–80
‘Il recitativo si ama tanto breve, che non addormenti col tedio, e tanto lungo, che non generi oscurità. I periodi, e le costruzioni del nostro recitativo si vogliono agevoli, e più tosto raccolte, che stese, così saran comode al compositor della musica, al musico, e all’uditore. Il compositore, che potrà dar maggiore spirito per sè morto recitativo con la mutazione dei cadenze: al musico, che potrà ripigliar fiato nel pronunciarli, e rinovar la lena alla voce con le posate: all’uditore, che non avvezzo... la musica, la quale altera all’orecchio il tuono ordinario delle parole, non avrà a faticar tanto, per raccoglierne da una trasportata giacitura di raggirati vocabili il sentimento.’
Charles de Brosses, 1739–40: Le président de Brosses en Italie: lettres familières écrites d’Italie (Paris, 1861), ii, 377
‘Le récitatif italien déplaît souverainement à ceux qui n’y sont pas habitués. On dit qu’on le goûte quand on y est accoutumé: il est vrai que je commence à m’y faire; mais les gens du pays n’y sont peut-être pas encore faits; car dès qu’ils savent la pièce, ils n’écoutent plus, si ce n’est dans les scènes intéressantes. J’admirais, au commencement, comment il peut être à la fois si baroque et si monotone.’
J.-J. Rousseau, 1768: Jean-Jacques Rousseau, Dictionnaire de musique (Paris, 1768), 406–7 (‘Récitatif’)
‘Chez les Grecs, toute la Poésie étoit en Récitatif, parce que la Langue étant mélodieuse, il suffisoit d’y ajoûter la Cadence du Mètre & la Récitation soutenue, pour rendre cette Récitation tout-á-fait musicale{; d’où vient que ceux qui versifioient appelloient cela chanter.} ... Les Grecs pouvoient chanter en parlant; mais chez nous il faut parler ou chanter; on ne sauroit faire à la fois l’un et l’autre. C’est cette distinction même qui nous a rendu le Récitatif nécessaire. La Musique domine trop dans nos Airs, la Poésie y est presque oubliée. Nos Drames lyriques sont trop chantés pour pouvoir l’être toujours. Un Opera qui ne seroit qu’une suite d’Airs ennuieroit presque autant qu’un seul Air de la même étendue. Il faut couper & séparer les Chants par de la parole; mais il faut que cette parole soit modifiée par la Musique. Les idées doivent changer, mais la Langue doit rester la même. Cette Langue une fois donnée, en changer dans le cours d’une Pièce, seroit vouloir parler moitié François, moitié Allemand. Le passage du discours au Chant, & réciproquement, est trop disparat; il choque à la fois l’oreille & la vraisemblance: deux interlocuteurs doivent parler ou chanter; ils ne sauroient faire alternativement l’un & l’autre. Or le Récitatif est le moyen d’union du Chant & de la parole; c’est lui qui sépare & distingue les Airs; qui repose l’oreille étonnée de celui qui précède & la dispose à goûter celui qui suit: enfin c’est à l’aide du Récitatif que ce qui n’est que dialogue, récit, narration dans le Drame, peut se rendre sans sortir de la Langue donnée, & sans déplacer l’éloquence des Airs.’
LIBRETTOS
Saint-Evremond, c1678: Charles de Saint-Denis, Seigneur de Saint-Evremond, to the Duke of Buckingham (c1678); The Works of Monsieur de St. Évremond, made English from the French original, … by Mr. Des Maizeaux (London, 1714), ii, 87
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Italy
Barthold Feind, 1708: i) ‘Gedancken von der Opera’, in Deutsche Gedichte ... sammt ... Gedancken von der Opera (Stade, 1708), 93–4 ii) ibid., 95–6, 97–8
i) ‘Das Ende des ersten Actus muß auf eine gäntzliche Verwirrung hinauslauffen/ und die Personen so durcheinander geflochten werden/ daß weder der Zuschauer noch Leser des Poeten Absehen errahten könne. Solche Verwirrung muß nicht allein den gantzen 2. Actum durch/ sondern auch bis zum allerletzten Auftritt continuiren/ damit der Zuschauer bey der Attention beybehalten werde.’
ii) ‘Die Arien sind fast in der Opera die Erklährung des Recitatifs, das zierlichste und künstlichste der Poesie/ und der Geist und die Seele des Schauspiels. Ich habe schon gesagt vor 2 Jahren/ daß dieselbe nicht durch das blosse Metrum oder gröbern Druck vom Recitatif müssen unterschieden werden/ sondern/ daß dieselbe ein Morale, Allegorie, Proverbium und Gleichnis im Antecedentehaben müssen/ und die Application im Consequente, entweder auf das/ was im Recitatif gesaget worden/ oder üm eine neue Lehre/ Unterricht oder Raht zu geben. Mangelt dieses/ so muß sie entweder in einer Bitte bestehen/ aber von tendren, und vom ordinairen Recitatif abgesonderten Expressionen seyn/ oder auch eine fureur in sich haben. Eine Arie ist sonst entweder simple, ein duet, trio, quaternare, wol gar ein Sestin, und offt wol mehr.’ • ‘Das Genus der Arien hat anders keine Regel/ als daß man nicht grosser Alexandrinischen Verse zu selbigen sich bediene/ aus keiner andern Uhrsache/ als dem Musico zu gefallen/ welches auch wegen der Länge zu regardiren/ die zum höchsten über 8 Zeilen sich nicht erstrecken darff.’
Pier Jacopo Martello, 1715: Della tragedia antica e moderna (Rome, 1715/R1978); Scritti critici e satirici, ed. H. S. Noce (1963), 276–7
‘Ricercherò dunque, se al melodramma sia necessario per dilettare, l’aiuto delle parole, e della poesia, e sostengo sinceramente, che nò. Io provo, che mentre di notte tempo ascolto uno, e più rusignuoli cantare, e quasi dialoghizzare cantando, quel dramma de’ non veduti augelletti mi diletta, e mi astrae da ogni noioso pensieri, sicchè mi affido ben lungamente ad udirli, e pure il lor gorgheggiare è limitato dalla nature a certe arie, che sono fra di loro uniformi, per non dir, sempre le stesse. ... E siccome poi maggiormente ci piace in verde selva, o a vista di bel giardino ascoltare le gare degli augelletti, e l’intrecciamento degli strumenti, così maggiormente ci ricreeranno le voci canore per noi ascoltate in luogo vago, e adorno, laonde non può non accrescerci il diletto la meravigliosa varietà delle scene, fra le quali si alternino i canti. E perchè tanto più alletta quell’augelletto, che canta, quanto è più leggiadro nella sua corporal dispostezza, e, oh noi felici, se ancora di varie, e colorate piume è vestito; {e parimenti più ci sodisfa quel leuto, e quel flauto, che suona, se alla bontà aggiunge ancor la bellezza della costruttura, ed intarsiato di madreperla, e di avorio rende splendida con la ricchezza la perfezione;} così lusingherà maggiormente la voce canora, se uscirà da una bocca proporzionevolmente tagliata, e sarà secondata da un viso di bei colori, e di misure leggiadre, sostenuto da un collo vezzosamente torcentesi; e ci verrà poi accettissima da una donna, il cui petto risaltando a tenor del respiro, che viene su per le fauci a ricevere la forma del canto, lo fa per così dir prevedere nel tremolare delle mammelle. Tanto più poi goderemo, che cotesto bel corpo sorga di vesti ricche, vaghe, bizzarre in scena abbigliato; e queste saran le sue penne, e le sue intarsiature per me lodate negli augelletti, e negli strumenti. Eccoti dunque il nostro spettacolo già dilettevole per sè stesso, esser molto più per gli aiuti della scena, dell’ avvenenza, e de’ vestimenti. [¶] Ma incontentabili, che noi siamo, massime quando ci diamo a nuotar nel piacere! sapendo noi come gli uccelli fischiano, e come suonano gli strumenti, e come gli uomini soli ragionano, desideriamo altresì, che alla dolcezza del canto umano si aggiunga quella delle parole atte ad esprimerci i sentimenti dell’animo; ed ecco un’altra delizia, che vien di fianco in aiuto di questo spettacolo, ed ecco finalmente la Poesia. Ma la povera Poesia viene in figura molto diversa da quella, che sostiene sì nella tragedia, che nella commedia. In quelle tiene il posto principale, nel melodramma tien l’infimo; là comanda come padrona, quì serve come ministra. Ma non avviliamo a segno la Poesia d’onorar col suo nome il verso servile{, con molta maggior ragione di quella, per cui la liberai da’ verseggiamenti di Empedocle.}’
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Benedetto Marcello, 1720: Il teatro alla moda (Venice, 1720); Il teatro alla moda, ed. R. Manica (2001), 5–6
‘In primo luogo non dovrà il Poeta moderno aver letti, nè legger mai gli Auttori antichi Latini, o Greci. Imperciocchè nemeno gli antichi Greci, ò Latini hanno mai letti i moderni. ¶Non dovrà similmente professare cognizione veruna del Metro, e Verso Italiano, toltane qualche superficiale notizia, che il Verso si formi di sette, ò d’undeci Sillabe, con la quale Regola potrà poi comporne à capriccio di trè, di cinque, di nove, di tredici, e di quindeci ancora.’ • ‘Ricercherà il Poeta moderno primo di compor l’Opera una Nota distinta dall’Impresario della quantità, e qualità delle Scene ch’esso Impresario desideri, per introdurle tutte nel Dramma; avvertendo se vi entrassero Apparati di Sagrificio, di Cene, di Cieli in Terra, o d’altro Spettacolo d’intendersi bene con gl’Operari, cioè con quanti Dialoghi, Soliloqui, Ariette, &c. debbi egli allungar le Scene antecedenti, perche abbiano commodo di preparar ogni cosa: benchè per ciò fare, l’Opera poi convenga snervarsi, e s’attedi l’Udienza sovverchiamente.’
Carlo Goldoni, 1732: ‘Prefazioni dell’edizione Pasquali’ (1761–78), xi; Tutte le opere di Carlo Goldoni, ed. G. Ortolani (1945–56), i, 688–9
‘“Il primo Soprano, la prima Donna e il tenore, che sono i tre principali Attori del Dramma, devono cantare cinque arie per ciascheduno, una patetica, una di bravura, una parlante, una di mezzo carattere ed una brillante. Il secondo Uomo e la seconda Donna devono averne quattro per uno, e l’ultima parte tre, ed altrettante un settimo personaggio, se l’Opera lo richiede; poiché (per parentesi) i personaggi non devono essere più di sei o sette, e voi ne avete nove nel vostro Dramma. ... Le quindici arie dei primi attori devono essere distribuite in maniera, che due non succedano dello stesso colore, e le arie degli altri attori servono per formare il chiaro scuro. Voi fate cantare un personaggio che resta in Scena, e questo è contro le regole. Voi all’incontro fate partire un attor principale senz’aria, dopo una Scena di forza, e questo ancora è contro le regole. Voi non avete nel vostro Dramma che tre cambiamenti di Scena, e ve ne vogliono sei o sette. Il terzo Atto del vostro Dramma è il migliore dell’ Opera, ma questo ancora è contro le regole …”¶Non potei più contenermi, mi levai con un movimento involontario, violento, gli chiesi scusa, lo ringraziai de’suoi amichevoli avvertimenti, e conclusi dicendo che, scandalizzato dalle regole del Dramma, facea proponimento di non comporne mai più.’
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Charles de Brosses, 1739–40: Le président de Brosses en Italie: lettres familières écrites d’Italie (Paris, 1861), ii, 367
‘Toutes les scènes sont en récitatif, elles se terminent régulièrement par un grand air; l’acteur s’en va parce qu’il a chanté son air; un autre reste parce qu’il en doit chanter un; en un mot, je trouve qu’ils n’entendent point cette partie de liaison des scènes. Il n’y a dans les longs actes, ni trios, ni choeurs de voix, si ce n’est un mauvais petit choeur à la fin du dernier acte. Il n’y a pas de danses: ce sont toujours des scènes de récitatif éternelles, suivies d’un air. Cette construction monotone est sans contredit fort inférieure à la nôtre.’
Anon. [?R. Calzabigi], 1756: Lettre sur le méchanisme de l’opéra italien (Florence, 1756), 45
‘Un Maître de Chapelle arrive avec une quarantaine ou une cinquantaine d’Airs tout faits, qu’il a composés dans ses momens de verve, qu’il ajuste aux paroles autant qu’il est possible; & lorsqu’elles ne peuvent absolument se prêter à la Musique qu’il leur destine, il en fait faire d’autres qui s’y accordent mieux ou moins mal: qu’elles aient du rapport ou non avec le sujet, cela, comme je vous l’ai dit, est assez indiffèrent; son unique soin est d’approprier l’Air au goût et à la voix de celui qui doit le chanter.’
Ranieri Calzabigi, 1767: Vladimír Helfert, ‘Dosud neznámý dopis Ran. Calsabigiho z r. 1767’, Musikologie 1 (Prague & Brno, 1938), 116
‘è stato sempre indifferente che un personaggio di que’ drammi rappresentato fosse del Farinello, Caffarello, Guadagni o Toschi o dalla Tesi, dalla Gabrielli o dalla Bianchi, poichè da essi il publico non aspettava e non esigeva che un paro d’arie cantate e il duetto, senza nemmen pretendere di sentir le parole, poichè prima di assistere alla rappresentazione aveva abbandonato il pensiero d’interessarsi all’azione, non essendo possibile di prestar 5 ore d’attenzione a 6 attori, 4 de’ quali sono per ordinario così inetti, che appena sanno pronunziare’.
French perspectives
Saint-Évremond, c1678: Charles de Saint-Denis, Seigneur de Saint-Evremond, to the Duke of Buckingham (c1678); The Works of Monsieur de St. Evremond, made English from the French original… by Mr. Des Maizeaux (London, 1714), ii, 89
François Raguenet, 1702: Paralèle des italiens et des françois, en ce qui regarde la musique et les opéra (Paris, 1702/R1976), anon. trans. as A Comparison Between the French and Italian Musick and Opera’s (London, 1709/R1968), 2–5
Barthold Feind, 1708: ‘Gedancken von der Opera’, in Deutsche Gedichte ... sammt ... Gedancken von der Opera (Stade, 1708), 90
(‘Das ordinaire Parisische Theatrum beym Palais Royale’): ‘Dieses ist auch etwas unnatürliches/... Daß sie ... so kläglich die Schau=Spiele/ so wol Tragedien in Redensarten/ als im Singen/ beschliessen/ daß offt nur 1 oder 2 auffs Theatrumbleiben/ welches man in Teutschland und Italien für etwas ridicules halten würde. Uberdem so bestehen ihre Opern meist aus lauter Recitatif, und kommen offt in denselben kaum 3 bis 4 Airs vor’.
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Charles de Brosses, 1739–40: Le président de Brosses en Italie: lettres familières écrites d’Italie (Paris, 1861), ii, 365–6, 368
‘Les poëmes français sont faits comme ils paraissent devoir l’être pour ce genre dramatique, anormal et singulier, qui n’a rien que d’extravagant, si on le considère selon les règles; mais où l’on est convenu de sacrifier la vraisemblance et le naturel à la réunion d’un grand nombre d’amusements divers, et à la perpetuelle illusion des sens. Pour cela nous avons fort bien choisi la fable, les enchantements, la magic, qui prêtent au merveilleux, aux machines à l’entremise des divinités, à la variété des fêtes, des danses et du spectacle; où le ciel, la terre et les enfers peuvent paraître successivement; où la non-vraisemblance, étant de l’essence même du sujet, ne peut plus être choquante.’ • ‘Ici, ce n’est rien de tout cela; leurs opéras sont de purs sujets d’histoire. On dirait presque que les Italiens n’ont regardé ce drame que comme une manière de rendre, au moyen du chant, l’action plus forte et plus intéressante qu’elle ne le serait par la simple récitation. Cette idée serait bonne si elle était juste; mais elle n’a qu’une première apparence de vérité. En effet, dans les mouvements violents de l’âme, le chant, qui est une espèce de voix outrée, devient comme naturel, et il est très-réel qu’un sentiment fort passionnée remuera plus fortement l’auditeur, s’il est joint à la musique, que par la simple déclamation; mais hors de ces grands mouvements, le chant devient ridicule dans la tragédie.’
De Rochement, 1754: La Querelle des bouffons (Paris, 1752–4/R1973 ed. D. Launay), iii, 2079–80
Gluck, 1764: Orfeo ed Euridice Friedrich Melchior von Grimm, open letter to subscribers (1764); Correspondance littéraire, philosophique et critiquepar Grimm, Diderot, Raynal, Meister, etc., ed. M. Tourneux, 16 vols (Paris, 1877–82) vol. 6, 35
‘Cet ouvrage, dont j’ai eu occasion de voir la partition, m’a paru à peu près barbare. La musique serait perdue si ce genre pouvait s’établir; mais j’ai trop bonne opinion des Italiens, nos seuls maîtres dans les arts, pour craindre que ce faux genre leur plaise jamais. Je crois avoir démontré dans l’Encyclopédie, à l’article Poëme lyrique, que le plan et la constitution de l’opéra français sont aussi vicieux que sa musique est froide et ennuyeuse’.
Reform
Anon. (?R. Calzabigi), 1756: Lettre sur le méchanisme de l’opéra italien (Naples, 1756), preface, viii
‘L’Opéra de Paris ne leur [/les Etrangers] offre que des Décorations, des Ballets, des Machines, une brillante assemblée & un grand silence. Celui de Naples ne leur présente que de la Musique ravissante, des beautés invisibles, & un tumulte affreux. ¶Tous sentent parfaitement que des deux on en pourroit faire un bon, mais personne jusqu’ici n’a pensé à le proposer.’
Calzabigi, 1767: Vladimír Helfert, ‘Dosud neznámý dopis Ran. Calsabigiho z r. 1767’, Musikologie 1 (Prague & Brno, 1938), 116–17
‘Escluso dunque l’interesse dalla rappresentatione di questi drammi fu forza rivolgersi, mancando il piacere dell’anima, a trattenere i sensi: la vista co’ cavalli veri in boschi dipinti, battaglie reali in campi di tavole, incendi con carte dipinte; l’udito con ridur la voce a violino, a far suonar de’ concerti colla bocca, onde ne nacquero i gargarismi musicali che in Napoli chiamano Trocciolette (perche in effetto rassomigliano assai al rumore che fanno scorrendovi sopra le corde le ruote delle carrucole) ... E per dar luogo a questi strani abbellimenti si prestò il poeta a riempiere i suoi drammi di paragoni, di venti, di tempeste, di leoni, di destrieri, di rosignoli, che stanno tanto bene in bocca d’eroi appassionati, disperati o furiosi, come i nèi, il belletto, la polvere e i diamanti in faccia, in testa e al collo d’una scimmia. ¶La cosa è affatto diversa nel nuovo piano di drammi da me se non inventato, almeno il primo eseguito in Orfeo, poi in Alceste, e dal Sig. Coltellini continuato. Qui tutto è natura, tutto è passione; non vi son sentenze, non v’è filosofia ne politica, non paragoni, non descrizioni, non amplificazioni che sono le sfuggi difficoltà e che s’incontrano in tutti i libri. La durata è ristretta ne’ termini che non stancano o disperano l’attenzione. I soggeti son semplici, non tessuti a romanzo, onde l’ascoltar pochi versi basta per essere al fatto dell’azione che è sempre una, non complicata, non duplicata coll’ubbidir servilmente alla pazza lege di secondo uomo e seconda donna, se non bisognano ... In questo piano V. A. vede bene che non entra altra musica che la semplice d’espressione che nasce dalla parola, si perchè non la seppellisca fralle note, si perchè non prolunghi impropriamente lo spettacolo, essendo ridicolo il sentire prolungar la voce d’amore (per esempio) da cento note quando a tre sole l’ha ristretta la natura, parendo a me che la nota non abbia mai da valere più d’una sillaba.’
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Composers & librettos
Lully: Jean Laurent [Le Cerf de la Viéville], Comparaison de la musique italienne, et de la musique françoise, ii (Brussels, 1705), 212–13, 214–15, 218–19; Pierre Bonnet-Bourdelot, Histoire de la Musique et de ses effets (Amsterdam, 3/1725), iii, 195–201
‘Quinaut cherchoit & dressoit plusieurs sujets d’Opera. Ils les portoient au Roi, qui en choisissoit un. Alors Quinaut écrivoit un plan du dessein & de la suite de sa Piéce. Il donnoit une copie de ce plan à Lulli, & Lulli voyant dequoi il étoit question en chaque Acte, quel en étoit le but, préparoit à sa fantaisie des divertissemens, des danses & des chansonnettes de Bergers, de Nautonniers, &c. Quinaut composoit ses Scenes: aussi-tôt qu’il en avoit achevé quelques-unes, il les montroit à l’Académie Françoise, dont {vous sçavez qu’}il étoit’. • ‘Vous croiriez que Lulli recevoit les Scenes de Quinaut sans y regarder aprés de si habiles reviseurs, nenni. Il ne s’en reposoit nullement sur leur autorié. Il examinoit mot à mot cette Poêsie déja revûë & corrigée, dont il corrigeoit encore, ou retranchoit la moitié, lors qu’il le jugeoit à propos. Et point d’apel de sa critique. Il faloit que son Poëte s’en retournât rimer de nouveau. Dans Phaëton, par exemple, il le renvoya vingt fois changer des Scenes entieres, aprouvées par l’Académie Françoise.’ • ‘C’est ainsi que se composoit par Quinaut & par Lulli le corps de l’Opera, dont les paroles étoient faites les premieres. Au contraire, pour les divertissemens, Lulli faisoit les airs d’abord, à sa commodité & en son particulier. Il y falloit des paroles. Afin qu’elles fussent justes, Lulli faisoit un canevas de vers, & il en faisoit aussi pour quelques airs de mouvement. Il apliquoit lui-même à ces airs de mouvement & à ces divertissemens, des vers, dont le mérite principal étoit de quadrer en perfection à la Musique, & il envoyoit cette brochure à Quinaut, qui ajustoit les siens dessus.’
Rameau i) 1722: Jean-Philippe Rameau, Traité de l’Harmonie (Paris, 1722), 143 ii) 1766: Hugues Maret, Eloge historique de Mr. Rameau (Dijon, 1766), 72
i) ‘{Au reste,} un bon Musicien doit se livrer à tous les caracteres qu’il veut dépeindre; & comme un habile Comedien, se mettre à la place de celuy qui parle; se croire être dans les lieux où se passent les differents évenements qu’il veut representer & y prendre la même part que ceux qui y sont le plus interessez; être bon déclamateur, au moins en soy-même; sentir quand la voix doit s’élever ou s’abaisser plus ou moins, pour y conformer sa Melodie, son Harmonie, sa Modulation & son mouvement.’
ii) ‘Lorsque le Poëte lui avoit donné son poëme, il le lisoit plusieurs fois, le raisonnoit, le déclamoit, & obligeoit très-souvent l’Auteur à y faire des changements qui exerçoient beaucoup sa patience.’
Vivaldi, c1735: Carlo Goldoni, ‘Prefazioni dell’edizione Pasquali’ (1761–78), xiii; Tutte le opere di Carlo Goldoni, ed. G. Ortolani (1945–56), i, 721–3
‘Premeva estremamente al Vivaldi un Poeta per accomodare o impasticciare il Dramma a suo gusto, per mettervi bene o male le Arie, che aveva altre volte cantate la sua Scolara ... “Ecco,” dice, “ecco il Dramma che si dee accomodare: la Griselda di Apostolo Zeno. L’opera,” soggiunse, “è bellissima: la parte della prima Donna non può essere migliore: ma ci vorrebbero certi cambiamenti – Se Vossignoria sapesse le Regole – Basta; non le può sapere. Ecco qui, per esempio, dopo questa scena tenera vi è un’Aria cantabile; ma come la Signora Annina non – non – non ama questa sorte di Arie” (cioè non le sapeva cantare) “qui vorebbe un’Aria d’azione – che spiegasse la passione, ma che non fosse patetica, che non fosse cantabile.” ... e torna allo scrittoio, e si mette a recitar il breviario. Leggo allora attentamente la scena; raccolgo il sentimento dell’aria cantabile, e ne faccio una d’azione, di passione, di movimento. Gliela porto, gliela faccio vedere ... e finito di leggere, getta il breviario in un canto, si leva, mi abbraccia, corre alla porta, chiama la Signora Annina. Viene la Signora Annina, e la Signora Paolina sorella: legge loro l’arietta, gridando forte: “l’ha fatta qui, qui l’ha fatta, l’ha fatta qui”; e nuovamente mi abbraccia, e mi dice bravo, e sono diventato il suo Caro, il suo Poeta, il suo Confidente, e non mi ha più abbandonato. Ho poi assassinato il Dramma del Zeno quanto e come ha voluto.’
Count Luigi Bevilacqua, 1762: ‘Zur Entstehungsgeschichte des Trionfo di Clelia von Gluck’, Neue Zeitschrift für Musik, 82 (Leipzig, 1915), 271
(Bologna, 16 October) ‘Quanto alla scelta da noi fatta del Dramma, che egli mostra non approvare, non siamo piu in tempo di ripiegarei [?sp] avendo già fatte per metà le scene addattate al Libro e già ordinato il vestiario [recte destiario]. Tutto ciò, che per aderire in parte alle sue premure e al genio suo per noi si può fare si è di lasciarlo in libertà, anzi pregarlo che egli s’interponga presso del Sigr. Abb. Metastasio; acciò, non trovandola però cosa mal fatta, suggerisca come potrebbe scostarsi il noto Dramma, ed anche procurare che cambiasse qualche aria a genio suo’.